Come nel resto del mondo, anche in Sardegna il carnevale , o Su Carrasegare , si svolge nel periodo che in base alla liturgia cristiana precede la Quaresima .
Le celebrazioni sarde però portano in sé elementi molto diversi rispetto agli spensierati ed allegri Carnevali più moderni e non vi è dubbio che abbiano avuto origine in riti e credenze del tempo pre – cristiano.
Nel passato più lontano, il carnevale era un momento imprescindibile e con importante rilevanza sociale per le comunità agro pastorali . Le celebrazioni avevano inizio con la festa per la fine dell’inverno : intorno ai grandi fuochi, fra danze e canti si svolgevano orge primitive accompagnate dal gusto prelibato del nuovo vino. La Chiesa da sempre ha cercato di cristianizzare questi culti pagani sostituendoli con festeggiamenti in onore dei Santi cattolici perchè lentamente venissero dimenticati: iniziò a vietare i riti più violenti e feroci , l’uso della maschera bovina , in particolar modo quella provvista di corna e che richiamavano alla mente la figura del diavolo e delle sue rappresentazioni. La chiesa cristiana rinominò in parte anche luoghi sacri dell’epoca pagana tra cui nuraghi, tombe, villaggi nuragici, con nomi di santi cristiani, spesso costruendoci sopra chiese o santuari. Un chiaro esempio ne è il pozzo sacro di Santa Cristina nel comune di Paulilatino nell’ oristanese, in cui , sopra e di fianco a un villaggio nuragico si erige una chiesa dedicata alla santa.
Alle celebrazione scaramantica della fertilità fu cambiato completamente il senso , ed è così che il diciassette di Gennaio, giorno in cui si accendevano i grandi falò per la festa della fine dell’inverno , divenne il giorno dei festeggiamenti in onore di Sant’Antonio Abate , Santo Cristiano che scese negli inferi per portare il fuoco agli uomini .
Molti sono i culti antichi che si sono conservati a lungo in Sardegna e sono maggiormente concentrati nelle zone più interne per quanto ormai si sia perso il senso originale di riti propiziatori atti ad ottenere la pioggia nei grandi periodi di siccità .
Alcuni fattori comuni che ricorrono nei Carnevali tradizionali sardi sono riassumibili nei festeggiamenti si svolgono tra giovedì e il martedì grasso ; si accomunano per gli abbondanti banchetti con fave e lardo , dolci tradizionali e il vino nuovo , personaggi con il viso imbrattato di fuliggine , sughero squagliato o coperti da una maschera di legno; pupazzi antropomorfi la cui morte è accompagnata da un canti funebri; un pupazzo dalle sembianze umane viene da prima processato poi condannato al rogo ed infine pianto dalla comunità. L’ebbrezza finale si consuma in attesa della resurrezione del carnevale .
Alcune teorie ipotizzano la presenza in Sardegna del culto di Dionisio, riuscendo così a dare un senso ad alcune delle arcane rappresentazioni.
La devozione verso un dio bambino, si riscontra in quasi tutte le società agrarie del Mediterraneo, risalenti almeno al quindicesimo secolo A. C. Dionisio rappresentava il dio della vegetazione e della fertilità e moriva e rinasceva ogni anno seguendo i ritmi della natura .
Nell’antica Grecia, durante alcune celebrazioni, una vittima veniva smembrata viva per ricordare un antico sacrificio con la promessa della resurrezione . Un crudele e sanguinario Dionisio si trasformò in Dio dell’ebbrezza e dell’estasi .Coloro che erano a lui consacrati conquistavano la certezza della vita dopo la morte annientando se stessi per essere da lui posseduti. Il rito si manifestava attraverso la musica , la danza ed il vino . Dionisio era conosciuto perciò come il “ delirante “ , “ il selvaggio” , “ il furente “ con la chiara allusione alle orge sacre .
In età classica veniva chiamato Adone , Attis , Bacco , Brumo , Iacco ,Osiri . In Sardegna il culto penetrò con le migrazioni micenee e greche .
Prima della religione misterica era chiamato Giorgi o Zorzi; in seguito assunse le sembianze di un bambino , chiamato su Pitzinnu , ma era meglio conosciuto come Maimone , Jaccu o Andria che la chiesa cattolica trasformò in Giacomo e Andrea .
Nella toponomastica sarda questi nomi ricorrono spesso, soprattutto Maimone presso le fonti e le sorgenti , e jaccu in luoghi elevati , sui quali forse erano celebrati i misteri .
Come i miti dionisiaci anche i carnevali sardi esibiscono la vittima.
La stessa parola Carrasegare ricorda il tragico sacrificio perchè Carre e segare significa carne viva ( umana ) da lacerare .
Così i carnevali di Mamoiada , Ottana e Lula , ma anche di altri paesi come Austis, Samugheo Fonni ,Ula tirso sono caratterizzati da vittime animalesche :
l animale con le corna è la rappresentazione più diffusa di Dionisio .
Ricoperte di pelli , sonagli e campanacci , con il volto imbrattato di fuliggine o celato da una maschera lignea dalle fogge zoomorfe , le vittime sono tenute alla fune da un guardiano e spesso sono chiamate Maimone .
Il nome Maimone o anche Mamuthone viene dal greco Mainomai ( Posseduto) e in particolare da Mainoles ( il pazzo furioso ) epiteto di Dionosio .
Sos maimones sono così i folli che , posseduti dal dio vanno incontro alla monte eseguendo una danza da invasati , mentre i guardiani gli impediscono di sfuggire alla tragica sorte.
Come durante i misteriosi eleusini , la danza serviva per passare dallo stato umano a quello divino .
I riti della passione della vittima erano piuttosto cruenti , perchè dovevano simulare un sacrificio necessario per il bene della comunità.
Soltanto nel settecento si tentò di attenuare gli aspetti più violenti : invece della vittima si bruciavano fantocci e si appendevano al collo vesciche e interiora di animali da pungere per far uscire il sangue e rendere fertile la terra.
Nel corso dei secoli si perdette il senso del rito del dio-capro ripetuto sempre uguale a se stesso .Rito che riemergeva nonostante i moniti della chiesa , solo quando la siccità si prolungava .Altri Carnevali , riconducibili ai riti propiziatori, sono caratterizzati dal sacrificio di una vittima chiamata Gioldzi o Zorzi , rappresentata da un pupazzo come simbolo del dio o del capro espiatorio : viene impiccata , bruciata e poi gettata in un fosso perchè le sue ceneri possano fecondare la terra .
E’ ritenuta colpevole delle pene che la comunità ha sopportato durante l’anno .
Anticamente il sacrificio si concludeva con un’orgia , durante la quale i giovani in età virile cantavano versi scurrili al grido di Andira Andira Andirò ; forse una variazione di Andria , appellativo di Dionisio e del membro virile .
La celabrazione aveva una funzione terapeutica , per la comunità che in seguito al sacrificio rinnovava il senso del vivere .Maschera misteriosa , che conferma i legami della Sardegna con il mondo Egeo e Sa Filonzana , ( la filatrice ) presente in quei paesi dove si inscenano i riti con la vittima del Carnevale , era la maschera più temuta perché rappresenta forse una delle Moire greche , quella della morte .
Le giostre equestri e la pariglia sono un modo diverso di vivere il carnevale o su Carrasegare : i cavalieri , con il volto mascherato e indossando un costume , devono mostrare grande abilità e coraggio ( Balentìa ) a cavallo .
Ma mentre Sa Sartiglia di Oristano può in qualche modo aver avuto origine o essere legata ai riti di propiziazione , altre corse a cavallo come Sa Carrela ‘e nanti a Santu Lussurgiu o Sa Corsa de sa pudda a Ghilarza , sono celebrazioni di cui si è perso il significato originario .
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